Rassegna Critica


L’ambiente non è per lui il posto dove metter su casa, ma è anche il tema centrale attorno al quale è ruotata tutta la sua produzione pittorica da diciotto anni a questa parte. Quanto più valido, sereno e positivo è il proprio ambiente di vita – esterno e interno, il paesaggio circostante e la famiglia – tanto più spazio per la speranza in un mondo migliore ci potrà essere nell’opera dell’artista, caratterizzata inevitabilmente e regolarmente da segni inequivocabili di degrado, rovina e inquinamento, ma non abbandonata alla rassegnazione. (…)
“Sono venuto via da Milano – afferma l’artista – per non avere più condizionamenti da altri pittori di Brera, per trovare una mia dimensione. Ero innamorato della Toscana e nel ’67 mi trasferii a Firenze. Nel ’73 soggiornai a Londra. Tornando in Italia, appena varcato il confine, ho sentito una sensazione stranissima, di confusione; per un mese o due non mi ci ritrovavo. Una notte sognai che dipingevo barattoli perché li vedevo sempre nelle scarpate mentre tornavo a casa. E’ stata una folgorazione. Un pittore cerca sempre qualcosa di nuovo, ma è molto difficile arrivare; per me questa scoperta fu una fortuna e rappresentava una svolta decisiva. Uno può essere bravissimo a dipingere, ma più o meno fa cose che già fanno gli altri; finchè non ha qualche cosa di suo, penso abbia poche soddisfazioni”. Parla e vicino a lui troneggia sul cavalletto l’ultima opera. “Periferia”, in cui il contrasto tra il degrado ambientale e la speranza di un miglioramento è dato dal colore, vivo, acceso, intenso: per accentuare la denuncia, ma anche per sottolineare che la luce e sinonimo di vita e di voglia di un domani migliore. La cupola di Brunelleschi è sullo sfondo, in primo piano giganteggia una bomboletta spray, uno dei principali responsabili dell’inquinamento dei nostri giorni. Mentre sfoglia il catalogo Borella illustra alcuni suoi lavori realizzati a olio e nel parlarne il volto si illumina e i suoi baffoni si drizzano orgogliosi. “Questo è La caccia, qui mi è venuta l’ispirazione andando a spasso nel bosco, ho visto un cartello di divieto investito da migliaia di pallini e mi è venuta l’idea di fare un quadro contro la caccia.” Da una vetrina lì accanto si notano alcuni dischi di musica classica e Borella subito puntualizza: “Per me la musica è un’arte incredibile, la metto al primo piano, perché riesce a far viaggiare la fantasia in una maniera che nessun’altra arte riesce a fare. Quando devo pensare, non soltanto musica, quando sto facendo il quadro invece diventa un elemento incredibile di forza”.
Ancora il tempo di un’annotazione sul progetto relativo a Don Chisciotte, eroe ambientalista moderno, e poi il commiato. Sulla porta di casa è appiccicato un adesivo recante un monito programmatico: “L’inquinamento è un fatto, non combatterlo solo a parole”.
L’arte può sicuramente recitare un ruolo importante in questo senso. Sergio Borella l’ha capito prima di tanti altri.

Claudio Gualandri